La ricostruzione mammaria riguarda una grande varietà di lesioni congenite o acquisite che possono interessare la mammella femminile (amastia, gigantomastia, s. di Poland, tumori) o maschile (ginecomastia, tumori).
Inoltre, esiste una branca della specializzazione in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva che prende il nome di Chirurgia Oncoplastica, e che si occupa della ricostruzione mammaria post-mastectomia (cioè della ricostruzione mammaria dopo demolizione oncologica).
Lasciamo la spiegazione del trattamento delle lesioni congenite o malformative ad un colloquio diretto tra il Chirurgo Plastico e il/la paziente.
Facciamo tuttavia notare che è aumentato il numero di MAMMELLE TUBEROSE (constricted breast) che arrivano all'osservazione del chirurgo plastico: si tratta di malformazioni dell'evoluzione e crescita della mammella (che può essere bilaterale o monolaterale) e che fa assomigliare le mammelle ad un "CONO" invece che ad una "emisfera". Esse sono solo apparentemente aumentate per il motivo che più frequentemente le donne richiedono un aumento mammario e vanno più frequentemente dal Chirurgo Plastico, e questo permette di riconoscere le forme "incomplete" (ove la "costrizione" della base di impianto della mammella interessa solo alcuni quadranti). Ciò che conta, è che in questi casi di SENO TUBEROSO non bisogna limitarsi a metter una protesi mammaria se la paziente in questione ci richiede un aumento del seno. Motivo in più affinchè queste pazienti si rivolgano solo a Specialisti in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica.
Rinviamo ai capitoli specifici per gli argomenti: aumento del seno, riduzione del seno, oppure sollevamento/sospensione (mastopessi) del seno.
In questo capitolo ricorderemo solo la RICOSTRUZIONE MAMMARIA POST-MASTECTOMIA.
La perdita della mammella rappresenta una devastante esperienza per ogni donna, con conseguenze importanti sulla vita sociale, sessuale, di relazione.
La immensa mole di ricerca e sperimentazione in questo campo, operata soprattutto da ricercatori italiani, ha dimostrato l'inutilità delle prime ampie demolizioni.
Tre sono state le principali premesse allo studio “valutativo” delle terapie conservative.
1) Il fallimento delle terapie chirurgiche e radioterapiche più aggressive (con dissezione dei linfonodi della catena mammaria interna).
2) la diffusione su larga scala della mammografia che consente di diagnosticare tumori in fase sempre più precoce.
3) una concezione dello sviluppo del carcinoma mammario più biologica e meno meccanica, da cui deriva che la prognosi delle pazienti è legata principalmente alla presenza di foci metastatici occulti in altri organi al momento della diagnosi, per cui il miglioramento della sopravvivenza è legato ad una adeguata programmazione delle terapie adiuvanti.
Un discorso a parte merita il ruolo della dissezione ascellare.
Da oltre cent’anni questa costituisce parte integrante del trattamento del carcinoma mammario. Oggi, l’intervento (da terapeutico) assume sempre più un ruolo di stadiazione.
(1) E’ noto infatti che la dissezione ascellare non migliora, di per sé, la prognosi delle pazienti in maniera significativa, ma fornisce quelle informazioni che sono necessarie a pianificare un adeguato trattamento adiuvante.
[Excursus:- La chemioterapia precauzionale (od “adiuvante”) è quella post-chirurgica - La chemioterapia neoadiuvante (o “primaria”) è quella del “de-bulking” ed è quella pre-operatoria]
Quando i linfonodi ascellari risultano negativi all’esame istologico, l’intervento di dissezione ascellare non porta alcun beneficio terapeutico, esponendo invece la paziente a possibili complicanze o effetti collaterali (linfedemi, nevralgie, parestesie,infezioni, ematomi, limitazioni funzionali dell’arto).
(2) Oggi, trial clinici hanno valutato la possibilità di effettuare la dissezione ascellare solo nelle pazienti con linfonodi positivi, ottenendo tale informazione sullo stato linfonodale dalla biopsia del linfonodo sentinella (che risulta predittivo sui restanti linfonodi in oltre il 97% dei casi).
Nella scelta del tipo di intervento, il chirurgo deve tenere conto di problematiche di 3 ordini.
1) Oncologico: conferma diagnostica, estensione della malattia, multifocalità(lesioni mulltiple di DCIS nel medesimo quadrante) o multicentricità (presenza contemporanea di DCIS in più quadranti della medesima mammella), stadiazione clinica e strumentale.
2) Caratteristiche della paziente: Età (nelle pazienti anziane la quadrantectomia può NON essere seguita dalla radioterapia, e l’entità della dissezione ascellare può essere limitata), dimensioni della mammella (è importante il rapporto tra dimensioni della mammella e dimensioni del tumore), consenso informato.
3) Accesso geografico: disponibilità di centri di radioterapia nell’area geografica di provenienza della paziente, possibilità di effettuare controlli periodici.
Ciò ha comportato comunque una riduzione netta del danno post-chirurgico e una conseguente maggiore facilità di ricostruzione.
Esistono infinità di tecniche e loro varianti per la ricostruzione mammaria:
- ricostruzione immediata con protesi (con o senza lembi muscolo-cutanei)
- ricostruzione differita (espansori prima e protesi poi).
Per semplificare, facciamo due esempi:
1) ricostruzione mediante espansori tessutali;
2) ricostruzione mediante lembi muscolo-cutanei.
1) RICOSTRUZIONE MEDIANTE ESPANSORI TISSUTALI
L'intero ciclo di ricostruzione è suddivisibile in cinque fasi:
Prima fase: espansore mammario
Questo primo intervento consiste nell'impianto (se possibile al momento stesso della mastectomia) di un espansore tessutale o cutaneo.
L'espansore è semplicemente un palloncino di gomma morbida che viene inserito sgonfio al di sotto del muscolo pettorale.
Seconda fase: riempimento dell'espansore
Alcune settimane dopo l'intervento, in ambulatorio, si procede senza alcun dolore e in pochi minuti, al progressivo riempimento del palloncino con soluzione fisiologica (acqua) attraverso un sottilissimo ago (una piccola calamita permette di individuarne il punto preciso).
Settimana dopo settimana il palloncino aumentando progressivamente il suo volume, distenderà i tessuti cutanei soprastanti recuperando quanto era stato perduto a seguito dell’intervento demolitivo.
E’ innegabile l'importante vantaggio psicologico di vedere notevolmente attenuate le conseguenze della mastectomia, tanto che sarà possibile già dopo poche settimane dall'intervento indossare abiti scollati senza bisogno di alcuna protesi esterna.
Terza fase: sostituzione dell'espansore con protesi mammaria definitiva
Una volta raggiunto un volume sufficiente (alcuni mesi dopo) si procede alla sostituzione dell'espansore a volume con una protesi mammaria definitiva (dello stesso tipo di quelle utilizzate in chirurgia estetica).
L'intervento dura meno di un' ora ed è eseguibile in Day Hospital. La paziente può quindi fare tranquillamente ritorno a casa la sera stessa.
Quarta fase: simmetrizzazione del seno sano
Il seno così ricostruito presenta spesso una forma e un aspetto più giovanile e tonico rispetto a quello sano, dell'altro lato.
Per garantire quindi una buona simmetria tra le due mammelle si procede al modellamento del seno sano con un intervento detto "mastopessi".
Quinta e ultima fase: ricostruzione dell'areola e del capezzolo
Il seno così ricostruito manca di un solo dettaglio cioè dell'areola e capezzolo.
In anestesia locale, il capezzolo (la parte rilevata) viene ricostruito modellando nel punto prescelto piccoli lembi cutanei; l'areola (la parte piana) con un piccolo innesto di cute inguinale.
L'intero ciclo ricostruttivo si svolge nell'arco di circa 10-12 mesi (tenendo conto che degli eventuali lunghi tempi dedicati alla terapia chemioterapica o radiante).
Tutte le fasi della ricostruzione mammaria sono a carico completo del Servizio Sanitario Nazionale.
2) RICOSTRUZIONE MEDIANTE LEMBI
Nei casi in cui la mastectomia sia stata particolarmente demolitiva, con perdita parziale o totale del muscolo pettorale, non è possibile impiantare direttamente espansori o protesi.
In questi casi bisogna ricorrere a tecniche alternativa che trasferiscano tessuti sufficientemente spessi, da sedi più lontane.
Una di queste utilizza il muscolo grande dorsale che, con o senza cute, viene ruotato come un ventaglio dal dorso fino alla regione mammaria.Sotto questo, può allora essere posta una protesi o un espansore mammario in piena sicurezza.
Un altro metodo (che non utilizza protesi mammarie aggiuntive) prevede la possibilità di ricostruire il seno mancante direttamente con i propri tessuti e perciò senza bisogno di protesi o espansori mammari. La metodica consiste nell'utilizzo di un lembo in parte muscolare e in parte cutaneo (chiamato TRAM flap) prelevato da quella parte di regione addominale posta al di sotto dell'ombelico e che si estende fino alla regione sovrapubica, trasferendola alla regione mammaria.
Questo lembo è di spessore e consistenza tali da rendere inutile ogni volume aggiuntivo (protesi od espansore).